giovedì 25 agosto 2022

Insieme - 2

vedi https://it-it.facebook.com/gian.gavardi/posts/pfbid0Krk4PZALWTo21TkFYZkGYjd6jXWsfndaZo8ym5tJ2qFFojd2M1uhfuzJgrrABFBQl

domenica 1 marzo 2020

Una buona occasione

E’ di pochi giorni fa la notizia che in Francia tra i candidati per le elezioni comunali di Arras c’è una 34enne con sindrome di Down, Eleonore Laloux, una ragazza già nota per il suo attivismo in merito alle persone con sindrome di Down e su temi sociali. Non so come andranno le elezioni ma non posso fare altro che felicitarmi per l’impegno e il coraggio di Eleonore, cui aggiungo la sensibilità e alto livello culturale e civile degli abitanti di Arras nel non porsi problemi (per lo meno non a livello ostativo) rispetto ad una candidatura potenzialmente “scomoda”. In un mio post del 2009 (“Un grande passo”), che prendeva spunto dall’elezione di Obama a presidente degli USA, terminavo con queste parole: “…. E gli eventi odierni americani a riguardo rinnovano l'accostamento tra il percorso fatto dal popolo americano nei confronti dell'accettazione delle persone di colore ritenute a torto 'diverse' e il nostro mondo fatto di piccole o grandi incomprensioni o peggio esclusioni che tanto ancora deve camminare, non perchè un giorno debba per forza diventare Presidente della Repubblica una persona con sindrome di Down o con qualsiasi altra disabilità, ma perchè nessuno si scandalizzi se un giorno qualcuno con sindrome di Down o con qualsiasi altra disabilità lo vorrà fare. … “ Grazie ad Eleonore, queste parole sembrano realizzarsi: un altro passo in avanti.

venerdì 28 febbraio 2020

Una occasione persa

Una ventina di giorni fa a Los Angeles si è tenuta la cerimonia annuale degli Oscar cinematografici. Come di consueto per ogni categoria di premiati uno o due attori/attrici fanno una breve presentazione subito prima di annunciare il vincitore. Ad un certo punto della cerimonia sale sul palco un attore accompagnato da una persona adulta con sindrome di Down. E senza alcun annuncio particolare si mettono a presentare alternandosi nelle battute. “Wow! - penso io - che bella occasione!”: all’interno di una tra le manifestazioni più seguite una persona con sindrome di Down fa la sua parte. Così come deve essere: insieme ad altre persone portando ciascuno le proprie competenze e personalità per l’obiettivo comune. Senza attese, senza pubblicità, senza clamore: semplicemente insieme. Bello, si, ma… Purtroppo l’attore che accompagna la persona con sindrome di Down (non so nulla del retroscena: se è un suo parente, se è stata una sua idea o della regia degli Oscar) non riesce a trattenere “l’ansia da prestazione”. Fa smorfie, è imbarazzato per i tempi più lunghi (inevitabili per conto mio) nella dizione del suo collega, gli suggerisce qualcosa all’orecchio, lo aiuta nell’apertura della busta: è evidentemente a disagio. Peccato. Un possibile gran momento di vera e semplice inclusione si è trasformato in un momento di imbarazzo e sottolineatura delle difficoltà e differenze. Probabilmente più che preparare al momento la persona con sindrome di Down, come suppongo sia stato fatto e con successo visto che ha letto ed agito in modo più che soddisfacente, si sarebbe dovuto preparare l’attore a vivere questo momento con maggiore serenità e proattività. Un po' come al lavoro: da una parte la persona con sindrome di Down deve avere un bagaglio di competenze, formali e non, tali da poter sostenere il suo ruolo, dall’altra è parimenti importante che il gruppo di lavoro e l’ambiente tutto sia preparato per lavorare al meglio con la persona con sindrome di Down. In questo modo è probabile che tutto funzioni bene e con profitto per tutti, altrimenti si rischia il fallimento dell’inserimento lavorativo. Inclusione non è solo lavorare e vivere insieme, è lavorare e vivere insieme conoscendo e rispettando ciascuno le proprie caratteristiche personali.

martedì 3 dicembre 2019

Inclusione o esclusione

Il 3 dicembre, che si sta concludendo in questi minuti, è stata la Giornata internazionale dalle Persone con disabilità. Bene. E’ giusto che ci sia un momento per riflettere e fare il punto della situazione in merito alle condizioni in cui vivono milioni di persone nel mondo. Bene, ma… ma il fatto stesso della giornata sottointende una separazione, una separazione tra le Persone “senza” e “con” disabilità: e questa è una contraddizione. L’avere una particolare condizione di salute – fisica, sensoriale, intellettiva, psichica, comportamentale, relazionale etc – permanente o temporanea, congenita o per eventi successivi alla nascita non ri-definisce un essere umano: certamente lo caratterizza, anche notevolmente, ma è e rimane Persona assolutamente pari a tutte le Persone nel mondo. Ognuno nella sua vita può ricadere nella definizione di Persona con disabilità, in particolare se prendiamo la definizione corrente di disabilità come la distanza tra la condizione di salute di una persona e l’ambiente in cui vive. Per assurdo non è che chi sia in stato di incoscienza per una operazione chirurgica o anche solo perchè addormentato smettte di essere Persona, o lo stesso per chi è su sedia a rotelle o usa le stampelle per una frattura, o immobilizzato a letto per una malattia. Pensiamo ai neonati e alle persone anziane: nonostante gli uni non abbiano ancora sviluppato competenze o sia già iniziato il declino delle proprie per gli altri in entrambi i casi sono a pieno titolo Persone degne di attenzione e con la propria dignità. Parliamo di inclusione, giustamente e purtroppo spesso senza le necessarie azioni, ma la vera inclusione è smettere di sottolineare le apparenti difformità da un presunto standard, oppure di nascondere le particolarità di ogni Persona. La vera inclusione sarà quando si smetterà di categorizzare le Persone, sarà quando chiunque, di ogni ceto o provenienza o condizione di salute o fase della vita, sarà considerato semplicemente Persona, come tale unico e insostituibile – al contrario delle presunte regole lavorative – e come tale da rispettare, sostenere e per quanto serve supportare socialmente e istituzionalmente senza preclusioni o pregiudizi per tutto ciò che è e potrà essere.

lunedì 28 luglio 2014

Non ci sono più scuse

Un paio di settimane fa sul Corriere della Sera è stato pubblicato un articolo che raccontava del recente matrimonio a Roma tra due persone con sindrome di Down. Se dall'articolo si fossero tolti i riferimenti alla sindrome di Down, si sarebbe trattato di un resoconto di un matrimonio come tanti, a partire dall'innamoramento fino alla relazione stabile, alla volontà di sposarsi, ai dubbi sul lavoro e sulla casa. Molti di noi, seppur nella unicità di ogni storia personale e di coppia, hanno attraversato questi momenti con tutte le gioie e difficoltà del caso. E ancora una settimana prima sempre sul Corriere della Sera all'interno della pagina milanese che raccoglieva le storie di alcuni maturati col massimo dei voti di quest'anno, c'era anche quella di un ragazzo con sindrome di Down che raccontava come è riuscito in questo importante traguardo: anche qui come gli altri con un misto di orgoglio, felicità e fatica. Cosa ci insegnano questi due racconti, queste storie per fortuna non uniche ma ancora rare? Ci insegnano che le persone con sindrome di Down possono raggiungere quegli stessi traguardi cui ambiscono tutti. Che non è solo una questione di diritti: diritti che sono chiaramente sanciti in ogni ambito legislativo, anche se purtroppo spesso dimenticati se non addirittura osteggiati. E' questione di fare in modo che le persone con sindrome di Down, con disabilità intellettiva in genere, siano realmente messe in grado di riuscire a raggiungere quegli obiettivi di vita adulta pienamente riconosciuta, il più possibile autonoma e contributiva secondo le possibilità di ciascuno al bene di tutta la società. Per arrivare ai risultati delle storie sopra raccontate è necessario che la persona con sindrome di Down sia adeguatamente accompagnata sin dalla nascita. Che sia accompagnata da persone competenti e giustamente accoglienti insieme alla sua famiglia, genitori e fratelli in primis, e nel rapporto con tutte le realtà locali, scolastiche, culturali, sportive, religiose, di svago con cui viene a contatto nella propria vita. Non ci sono più scuse per continuare in una politica di intricati assistenzialismi socio sanitari incapace nei fatti a soddisfare le reali esigenze delle persone con sindrome di Down che in ogni età, dalla nascita alla scuola, alle autonomie adolescenziali, al lavoro, alla residenzialità chiedono una cosa sola: lasciateci vivere come siamo capaci ed aiutateci a farlo al meglio per il bene di tutti. Per raggiungere tali obbiettivi, la piena realizzazione di ognuno, è fondamentale e necessario che le istituzioni nazionali, regionali e locali rivedano il piano di Welfare nel senso di un forte e sostanziale aiuto alla persona con sindrome di Down e alle loro famiglie sin dalla nascita e per tutta la loro vita. Che vengano potenziati gli enti istituzionali, vedi le Uompia, e si riconosca efficacemente – senza burocratici accreditamenti o altre pastoie analoghe - l'enorme lavoro e competenza del mondo associazionistico, cooperativo e ogni altra forma del terzo settore che già ora e da sempre sono attori fondamentali ma in totale affanno economico, facendo ricadere sulle famiglie costi economici e di risorse difficilmente sostenibili sul lungo periodo. Che appunto le famiglie siano supportate e agevolate con sgravi fiscali, con adeguati vaucher a libero utilizzo, con efficaci agevolazioni lavorative, arrivando fino alla possibilità di prepensionamento realmente agevolato per stare accanto ai propri figli proprio quando da adulti e finito il loro percorso scolastico – altro grande argomento da ribaltare totalmente sin dalle primarie all'alternanza scuola lavoro se non oltre – sono ' a casa' senza sostegni famigliari o istituzionali. E tutto questo, e quant'altro, anche solo dal punto di vista del bilancio economico avrebbe un vantaggio per le casse istituzionali: molti meno soldi buttati nella gestione della residenzialità protetta nel lungo periodo a costi altissimi, che per le persone con sindrome di Down e disabilità intellettiva correttamente accompagnate - fondamentale presupposto - in un progetto di vita, sempre nel rispetto delle possibilità di ciascuno, è inadeguata in quanto per la gran parte per lo meno semi-autonome; e molte più persone con sindrome di Down lavorerebbero (altro tema grave da rivedere: l'obbligo assuntivo per le aziende): lavoro reale non 'terapeutico' con stipendio reale e reali contributi (da agevolare) allo Stato che permetta una vita vera e vissuta insieme a chi ciascuno liberamente deciderà di stare, con o senza sindrome di Down, sempre se all'interno di un progetto accompagnato e pienamente supportato. Non ci sono più scuse, non si può più dire: poverini tanto non ce la faranno mai. Se non ce la fanno è perché non si è dato loro la possibilità di farcela. E quando non si danno le possibilità di realizzazione ad un insieme di persone, una sola terribile parola mi viene in mente: discriminazione.

giovedì 8 novembre 2012

Un esempio per noi e i nostri politici

Due giorni fa Barack Obama è stato confermato alla presidenza degli USA per i prossimi 4 anni. Poco dopo la conferma ufficiale, si è presentato per pronunciare il suo discorso, ove ha trattato dei vari temi politici, sociali ed economici che dovrà affrontare prossimamente. Interessanti i suoi continui richiami alla solidarietà e ai diritti di tutte le persone, ma è veramente notevole che verso la fine del discorso Obama, per sottolineare il fatto che tutti i cittadini statunitensi possono e devono partecipare attivamente al bene degli USA , elenca retoricamente alcune 'categorie' di persone e tra queste esplicita “... able, disabled ....” ovvero “persone normalmente abili o con disabilità”. Mi piacerebbe essere smentito ma non solo non ricordo in passato, ma ritengo estremamente difficile immaginare che in importanti occasioni istituzionali non specificatamente dedicate al tema della disabilità, un politico italiano nomini spontaneamente tra gli attori efficaci per il bene del nostro Paese le persone con disabilità. Normalmente le persone con disabilità vengono citate in termini se va bene assistenzialistici, o peggio pietistici, se non addirittura vergognosamente errati come ad esempio fattore negativo per il bilancio della spesa pubblica. E' necessario recuperare lo spirito della nostra legislazione, prima tra tutte la Costituzione, che in diverse parti sottolinea la piena uguaglianza di tutte le persone: legislazione spesso ottima ma ancor più spesso disattesa tanto da far frequentemente impegnare alle persone con disabilità e loro famiglie tempo e risorse in azioni legali solo per ribadire diritti chiaramente espressi nelle nostre leggi. E' necessario eliminare tutte le barriere, in primo luogo quelle culturali radicate in troppe persone ad ogni livello, che impediscono a tutte le persone di poter percorrere con gratificazione ogni percorso di vita, scolastico e lavorativo contribuendo non solo al benessere della persona ma a quello di tutti, sia coloro che 'lavorano' insieme (infatti sono sempre da più parti sottolineati i benefici in termini di efficienza complessiva dei gruppi di lavoro in cui è presente una persona con disabilità accompagnata da un adeguato progetto di inclusione, discorso analogo vale per le classi scolastiche) sia a tutto il Paese grazie anche al ritorno con le tasse e contributi del lavoratore dell'investimento, sempre necessario, per un corretto progetto di vita. Per rimanere sul tema costi, tanto caro ai nostri governanti, non dimentichiamo che progetti di vita adulta autonoma o semi autonoma, quindi in contesti non altamente controllati o clinicizzati, frutto di un necessario corretto percorso di educazione all'autonomia in cui istituzioni e associazioni locali possono e devono collaborare, contribuiscono a diminuire i 'costi' complessivi della gestione delle persone con disabilità (oltre che, e per me è assai più importante, costituire un tassello importante per completare soddisfacentemente la vita delle persone con disabilità e i loro famigliari). Appartengo ad una generazione in cui spesso si ripeteva che gli Stati Uniti d'America sono avanti 10 anni in diversi ambiti, dopo quest'ultimo discorso di Obama temo che sia vero, e spero siano solo 10 anni.

giovedì 7 luglio 2011

Il vero investimento

In Italia ci sono alcune Eccellenze.

Molte di esse sono spesso richiamate e sottolineate laddove sia necessario rimarcare il prestigio e i risultati raggiunti nei relativi campi dal nostro Paese.

Per arrivare all'eccellenza sono necessari tempo, risorse, l'intuizione e l'impegno di persone di buona volontà e capacità che, ciascuno nel suo ruolo, contribuiscono al lavoro complessivo.

Le persone di buona volontà, o se vogliamo motivazione, e capacità sono a loro volta il frutto del lavoro congiunto della loro propria famiglia, dell'ambiente sociale frequentato, dei propri convincimenti e in buona parte della Scuola.

Scuola con la S maiuscola, ovvero quell'insieme di insegnanti, compagni, studio, strutture e istituzioni che dall'asilo nido ai Master post universitari – per comprenderne solo alcuni estremi nella linea temporale– contribuiscono alla formazione culturale, professionale, umana, civile della persona.

Per una Nazione moderna e democratica, per l'Italia in particolare, è un dovere prioritario contribuire al massimo delle possibilità che la Scuola sia ben funzionante.

Ben funzionante significa che a tutte le persone, di ogni posizione sociale, potere economico, luogo di residenza sia garantito il diritto di ricevere tutte le attenzioni che la Scuola, quella con la S maiuscola, deve fornire.

Significa, in altre parole, che chiunque possa raggiungere la piena realizzazione in termini scolastici, ovvero di competenze didattiche, culturali, civili con la garanzia che le modalità, competenze ed attenzioni ricevute siano le stesse indipendentemente dell'Istituto scolastico frequentato.

Significa che ogni Istituto scolastico di ogni ordine e grado, ovunque abbia sede, che sia pubblico o privato, di ogni dimensione deve dare ai propri studenti la certezza che la scelta se frequentare questo o quell'Istituto sia esclusivamente una questione legata a fattori indipendenti da tutto ciò che riguarda la qualità didattica e l'attenzione alla persona.

Attenzione alla persona significa che tutti gli studenti siano seguiti ed accompagnati verso la loro realizzazione sia che questa possa raggiungere alti risultati, per indole e potenzialità dello studente, sia che i risultati oggettivamente raggiunti siano inferiori alla media, rimanendo sempre nell'ottica di piena realizzazione della persona rispetto alle sue potenzialità nel presente e per il futuro suo e dell'intera società: ogni Istituto scolastico deve accogliere e accompagnare tutti, ciascuno con le sue esigenze.

Questo significa tra l'altro, che ogni docente sia innanzitutto una persona che sa insegnare, e non solo che sa, in quanto solo relazionandosi in modo adeguato con ogni singolo studente tutta la classe camminerà bene.

Sapere insegnare significa ovviamente, lo si dovrebbe dare per scontato, possedere adeguatamente le materie di propria competenza, ma soprattutto possedere la capacità di relazionarsi con i propri studenti: adeguare modalità e contenuto dell'insegnamento a tutta la classe, anche in presenza di persone con esigenze speciali.

Tornando ai principii sopra richiamati: tutti hanno il diritto alla piena realizzazione.

Anche le persone con disabilità, o con esigenze speciali.

Ci sono tante eccellenze in Italia, dicevamo, e di molte siamo tutti orgogliosi.
In un campo in particolare l'eccellenza italiana è oggetto di attenzione e studio da parte di tutto il mondo per i risultati raggiunti negli ultimi decenni e in particolare per l'alta qualità e valore della legislazione a riguardo: l'inclusione scolastica delle persone con disabilità.

Le leggi 517/77, 104/92 ed altre definiscono un quadro normativo in cui la persona con disabilità non è vista come un problema che deve essere purtroppo affrontato dalla scuola, oltre che dalla società intera, se proprio non può fare altrimenti ma come una persona che insieme a tutte le altre persone fa parte della società stessa e che non deve essere esclusa del percorso scolastico – né ovviamente dalla società - come purtroppo alcuni, in modo preconcetto e male informati su ogni studio a riguardo, pretenderebbero temendo che possano essere una “zavorra” che rallenta la crescita e lo sviluppo della classe.

Tali leggi prevedono che tutta l'Istituzione Scolastica sia pronta ad accogliere le persone con disabilità, dalla struttura alla dirigenza agli insegnanti agli ausiliari, prevedendo strumenti adeguati per meglio agire.

Gli strumenti sono di tipo documentale (PDF, PEI etc) e coordinamento, di tipo tecnico (dotazioni mediche/sanitarie o strumenti tecnologici particolari), personale di ausilio igienico/sanitario o di tipo didattico/educativo.

Questi ultimi, i cosiddetti Insegnanti di Sostegno, hanno un ruolo importante per tutta la classe: servono a garantire che tutto il corpo insegnante della classe possa dedicarsi a tutti, ivi compreso la persona con disabilità, sapendo che per il fabbisogno di risorse necessario alla classe in primis e anche alla persona con disabilità si potrà contare sull'insegnante di sostegno che è contitolare su tutta la classe.

L'insegnante di sostegno è una grande risorsa per tutta la classe, oltretutto spesso è dotato di quella sensibilità educativa e relazionale utile a gestire le specificità e 'diversità' innate all'interno di ogni gruppo classe con giovamento per tutti.

L'educazione di tutta la classe è affidata a tutto il corpo docente che deve quindi essere formato sulle diverse necessità didattico/educative del gruppo classe, in loro affiancamento l'insegnante di sostegno porterà il valore aggiunto di una specializzazione maggiore per gestire particolari situazioni e il contributo su tutta la classe.

Non dimentichiamo inoltre il contributo positivo più volte sottolineato da studi ed esperienze pratiche che la presenza di Persone con disabilità apporta a tutto il gruppo classe, che si favorirà grazie ad una attenzione e apertura alle esigenze del prossimo e beneficerà esso stesso degli strumenti didattico/educativi applicati per l'inclusione.


Considerazioni Pratiche e Contingenti

Le cosiddette eccellenze devono essere proprie di ogni Istituto scolastico, pubblico o privato, lasciando la libertà di scelta sul tipo di Istituto sulla base di legittime considerazioni sociali, culturali, religiose, economiche non direttamente legate alla qualità del percorso didattico/educativo.

Gli Istituti pubblici devono essere in grado di seguire adeguatamente ogni persona, dalla più promettente che può essere accompagnata in percorsi didattici ad alto livello come la più necessitante di attenzioni (bisogni educativi speciali, persona con disabilità o di lingua o cultura d'origine differente) per poter comunque partecipare soddisfacentemente per lei e per tutti alla vita scolastica intera.

Gli Istituti privati devono essere in grado di erogare la propria offerta a persone che lo desiderino con ogni esigenza educativa, senza eccezioni.

È controproducente nell'immediato e nel lungo temine la creazione, reale o nascosta, di veri e propri 'ghetti' (o 'poli' come spesso vengono presentati) di “eccellenza formativa” (tipicamente accentrati in alcuni Istituti scolastici privati), di “accoglienza ai disabili” (tipicamente in alcuni Istituti che riprendono lo spirito delle ex Scuole Speciali) e “di popolo comune” (tipicamente nella maggioranza degli Istituti pubblici).

L'attenzione alla persona, in ogni Istituto scolastico di ogni ordine e grado, pubblico e privato, comporta che nel percorso formativo per gli insegnanti devono aumentare considerevolmente, nell'ordine di decine di ore annue, i crediti formativi richiesti obbligatoriamente sulla didattica “normale” e “speciale” proponendo loro validi percorsi per aumentare le competenze didattico/relazionali. Analogamente è importante rafforzare la formazione richiesta agli Insegnanti di Sostegno per una efficacia migliore della loro operato.

Solo a partire da questo considerevole investimento formativo, e dopo il suo consolidamento negli anni, sarà possibile pensare alla 'razionalizzazione' dell'utilizzo degli Insegnanti di sostegno accostandosi ad un approccio analogo a quanto recentemente pubblicato da studi a riguardo che sottolineano la necessaria riduzione delle risorse dedicate al sostegno e per questo abbracciati da chi si occupa di bilanci statali. Come detto, già nella legislazione attuale questo è evidente e ne è alla base: l'inclusione scolastica prevede che tutta la Scuola (dal Ministro dell'Istruzione, ai dirigenti regionali e provinciali, ai dirigenti scolastici, gli insegnanti e personale ausiliario dei singoli istituti) sia coinvolta e preparata ad accogliere tutti, non è solo una questione di quante ore di sostegno siano dedicate. Ma la sola riduzione delle risorse al sostegno – già ora ampiamente sotto le necessità complessive - è assolutamente negativa se prima non si è investito nella formazione corretta di tutto il comparto scolastico.

La costituzione prima e l'attuale previsto rafforzamento delle Commissioni per la valutazione del grado di disabilità relativamente alla scuola, poco favorevoli alla dignità della persona, potrebbero essere sostituite da valutazioni in corso di vita, effettuate nel tempo da specialisti accreditati – preferibilmente da chi già segue le stesse persone per limitare le visite di “controllo e valutazione” - e dalla stessa Scuola, sempre insieme alla famiglia, per la costruzione di percorsi costruttivi in sintonia con le caratteristiche della persona stessa. Tutto questo nell'ottica di seguire le persone e dare a tutti ciò che serve e non di trovare modalità per limitare voci di spesa pubblica.

Le valutazioni sulla qualità della Scuola Italiana dovrebbero essere fatte tenendo in conto di tutti gli studenti ciascuno nelle condizioni di operare al meglio secondo le proprie caratteristiche. Quindi pieno accesso alle attuali prove Invalsi a tutti gli studenti, anche con disabilità, e ciascuno con tutti gli ausilii tecnologici, medico/sanitari o di risorse umane di sostegno atte a garantire che chiunque possa esprimersi come può e deve. Siamo tutti nella Scuola e ogni valutazione deve tenere in conto di tutti senza discriminazioni.

Non sarebbe necessario richiamare che ogni taglio alle risorse o altre disposizioni che precludano la piena e totale inclusione di ogni persona in ogni percorso scolastico e sociale, oltre che discriminante è tra l'altro illegale e anticostituzionale (è utile richiamare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo, la Convenzione dei Diritti dell'Infanzia e la Convenzione delle Persone con disabilità emanate dall'ONU e che sono ratificate come Leggi dello Stato italiano, e la Costituzione Italiana in particolare agli art. 3, 4 e 34)


Conclusioni

E' necessario sostenere con ogni risorsa, anche in tempo di crisi economica quale quella che stiamo vivendo, la piena funzione della Scuola Italiana (con la S maiuscola). Solo in questo modo potremo avere qualche speranza che insieme si lavori per crescere insieme.

In Italia ci sono alcune eccellenze, di quasi tutte siamo orgogliosi, ma una, l'inclusione scolastica delle Persone con disabilità, la stiamo uccidendo. E con essa uccidiamo la dignità delle Persone e la libertà di essere cittadini attivi e consapevoli.